TUTTO IL MONDO
È
PA(L)ESE


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È

complesso e difficile raccontare una città, un luogo, un territorio come il nostro, così esteso e vasto. Come è vigliacco, semplice e fintamente risolutorio catalogarlo, sintetizzarlo. La fuga, l’evasione, a mio avviso sono necessità umane come primo aspetto, ma anche ed innanzitutto lotte e contrasti che viviamo con noi stessi.
Ho avuto la possibilità e il piacere di vivere in altre zone d’Italia per ritagli di tempo abbastanza ampi e duraturi, in fasi diverse della mia seppur breve vita. Sono sempre tornato nella “mia” Grosseto per differenti motivi. E non voglio certo dire che ho capito questo o quest’altro, ma sento di poter asserire la necessità di cambiare prospettiva rispetto al mio sguardo, un tempo più rigido e meno elastico verso la “mia” terra. Desidero invertire quei connotati di convenzionalità, influenze esterne e comuni che hanno “mal funzionato” per anni in me. Con la fuga credevo di risolvere alcune dinamiche ed invece ho appreso che pregi e difetti, bene e male, rovesci della medaglia stessa, croci e delizie sono sintomi globali, respirabili ovunque. A Grosseto, come a Napoli, a Firenze, a Berlino, a Los Angeles, a Montecatini, a Londra ( e potrei continuare ancora). Amo i “miei” luoghi, ma ne sono anche impaurito a tal punto da provare in certi frangenti sentimenti quali rabbia e odio. Ciò non implica il rifiuto nel cercare la mia verità, le mie scelte, il mio punto di osservazione per una convivenza che sia vitale, sana, stabile, ma anche fatta di scontri che accetto.

Q

uesto lavoro nasce come legatura interiore e quindi visiva, in un mondo che si assomiglia per molti tratti, ma che necessariamente, giustamente e geograficamente differisce e crea distinzioni. Questo il mio naturale agire mentre mi perdo dentro i “miei luoghi” e fantastico immaginandone altri che ancora non conosco, oppure torno in zone della mente che mi hanno visto ospite, turista, cittadino, lavoratore, studente o solamente uomo curioso.

Grazie per l’attenzione e soprattutto per il tempo concessomi.

RINGRAZIAMENTI

P

iù che dai ringraziamenti, parto dalle scuse. E metto un po’ le mani avanti, lo so, ma lo faccio in modo sincero e pensato….non sono un fotografo, né mi reputo tale, sia chiaro, e mi spiace soprattutto per tutti quelli che frequentano ed hanno frequentato corsi, seminari, work-shop, aggiornamenti; in sintesi tutti quelli che ne sanno tecnicamente…..ho saltato dei passaggi sicuramente, ho scattato e stop. Il resto è venuto e l’ho cercato pure. Ad ognuno la propria storia personale, e questa al momento è la mia……chiedo venia ma sino ad un certo punto poi, perché questo è quello che sono. Credo che ci voglia autostima, credibilità in sé e una certa manciata di coraggio( come quella del sale grosso che si butta nell’acqua per la pasta), a presentare un progetto fotografico pubblicamente, soprattutto non avendo un ruolo professionale come nel mio caso……..ora arrivo al resto però, credo di aver detto già troppo. Limite che persiste da anni.

Sin da piccolo ho aperto i cassetti di sala trovando all’interno di essi le foto di famiglia, dei viaggi, delle cerimonie, e trovando all’interno di me le emozioni, le paure, i pianti, i sorrisi o i ricordi. Le foto mi hanno da sempre “toccato” e ne sono stato affascinato, colpito, affondato o risollevato. Quindi il primo grazie va ai miei genitori, da una pellicola sbiadita a colori degli anni settanta, sino all’attualità, in tutti i cambiamenti che si sono avverati o che avverranno (Amen). Sono quel che sono anche per merito vostro.

Grazie a Mauro Papa che mi ha dato questa possibilità. A Simonetta Grechi e al Clorofilla Film Festival perché sono entrambi una delizia in una valle spesso grigia. Grazie ad Antonio Blanchard perché lui sa tante cose che mi riguardano ancor prima di me. A Valentina Calosci, alla nostra amicizia, al suo contributo in termini di tempo, attese e disponibilità. Grazie al suo “portiere” del cuore Alessio Cech…..senza voi due non avrei fatto tutto, figuriamoci gli inviti poi. Grazie a Davide e Maurizio dell’ Agenzia fotografica BF per il “piccolo” ma grandioso lavoro in post-produzione. A Francesco Minucci, perché i grandi artisti ti influenzano anche facendo altri tipi di lavori. Grazie alla mia prima compattina 35 mm Pentax che non trovo più da anni, a Michele Neri e Giovanni Faragli per le prime pellicole scattate e sviluppate assieme quindici anni addietro: il tempo non passa solo per voi. Grazie a Carlotta Tonini per il lavoro delle maschere in bianco e nero ai tempi delle superiori. Al mio cugino-fratello Giuseppe Annunziata perché le foto alla stazione di Grosseto assieme avevano un senso. Grazie a chi durante questi giorni porterà altre forme di arte dentro a questo posto incantato (Giovanni Bogani e il suo “staff”, Mirko Guerrieri, Diego Innocenti, Lucio Labate, Giovanni Polidori, Massimiliano Beligni) . Grazie a chi vende ancora le pellicole e le macchine usa e getta.

Grazie a chi ha “esposto” nel corso di questi dieci anni al Caffè Ricasoli, a chi ci ha regalato foto come parti di sé da attaccare sui nostri muri (mi sono scordato che siamo in affitto).

Grazie a Benedetta Falugi. Perché le parole non spiegano sempre, ma nelle istantanee si legge tanto: queste parlano molto la tua di lingua. Grazie.