minoreditre

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embrerebbe poi ai giorni nostri, che chi ama è un debole, uno che la forza non sa cosa sia. Per poi ritrovarsi in luoghi solitari, siano fisici o mentali, e sentire la mancanza di qualcosa. Con le visioni addirittura, e senza sostanze poi, perché il cervello è la droga più forte, del resto. Smettiamola di pienarci e di riempirci la bocca con la parola libertà. Questo concetto che usiamo per innalzare la nostra indipendenza. Come se amare equivalesse a perderla la libertà stessa. Sempre. O di qualcuno. Credo solo che negli anni si sia allungata la catena che portiamo al collo. E’ solo aumentato il raggio d’azione, la possibilità di scegliere dove andare. Ma tutti abbiamo una cuccia a cui tornare, anche solo per incendiarla. Tante cose vincolano gli uomini, da tempi immemori. E non parlo solo dell’amore di coppia. Si può sentire la voglia di condividere con un amico che non c’è più, con un nonno defunto, con una parte di noi oramai andata, perduta nel percorso accomunante degli anni. Non credo sia solo un organo, è uno stato a parte, a statuto speciale. Il cuore.
Respira, si nutre, si scalda, si placa, lui si che è libero, e non ci da retta. Indipendente pure. Lui si. Ci esplode dentro, senza decisioni nostre, può sbattersene, ci rende fragili, potenti, immortali per attimi. Il cuore. Basta un simbolo per disegnarlo, ricalcabile ovunque, anche con un dito. Sulla spiaggia, sulla carta, sul vetro appannato di un automobile, verso il cielo, sul tronco di un albero. Un cuore. Con la simbologia che leggendola recita “minoreditre”.